Sei una degna figlia di questo millennio e sei solita usare, per comunicare, i mezzi oggi a nostra disposizione: facebook, e-mail, cellulare. Diciamo che, nonostante la buona volontà e la grazia che credi di adoperare servendoti di questi strumenti, spesso non ottieni ciò che desideri o lo ottieni in parte o lo ottieni in un modo completamente diverso da come lo immaginavi. Se così è capitato, è molto probabile -nonché giustificabile- che tu sia caduta nello sconforto e annegata nell’amara considerazione di essere stata inopportuna e poco interessante o, addirittura, di non essere benvoluta dalla persona cui hai indirizzato il tuo messaggio (utilizzando una delle forme sopra elencate).

Proviamo ora a ragionare su un fatto: diciamo, innanzitutto, che i moderni sistemi di comunicazione sono, appunto, troppo recenti per poter essere realmente affidabili. Le macchine si sono evolute prima di noi e si avvalgono di codici di comportamento che la nostra umana natura non è ancora stata in grado di assimilare né, quindi, di emulare. In pratica, noi e i cellulari, noi e facebook, viviamo sì nello stesso spazio e nello stesso tempo, ma non abbiamo alcuna relazione paritaria con essi, bensì un rapporto servo-padrone dove, fatto sconcertante, è proprio la macchina, il congegno senza cuore, a essere padrona di noi umanissime e fallimentari creature. Non avendo dunque alcuna relazione, come possiamo aspettarci che la macchina restituisca corpo ed emozione? Siamo noi che le abbiamo dato quella responsabilità -con innocenza è vero- credendo di aver espresso ogni piega del nostro sentimento in 140 caratteri o in una lunga e-mail di scuse o dichiarazione d’amore, ma quello che in realtà abbiamo consegnato all’altro è un avatar. Un avatar di noi stessi. E l’altro, credendo anch’esso di rispondere con sentimento, ci restituisce la stessa cosa: una proiezione meccanica di sé. Tutto quindi si cristallizza e si congela, perde odore, perde cioè corpo e quindi vita. Tutti hanno la sensazione di avere a che fare con persone fredde, sterili, sentimentalmente anoressiche. Ma è una sensazione alterata dalla macchina, giacché la realtà fatta di calore e sguardi, profumi e intuizioni, è molto più soddisfacente di una comunicazione elettronica.

Cosa si può fare? Intanto restituire corpo alla comunicazione: scrivere una lettera a mano, per esempio, è restituire corpo. C’è il movimento della penna, l’incertezza della calligrafia, la scelta del colore della penna, la scelta della carta, la scelta della busta, l’odore che la carta si porta appresso, tutte cose che raccontano il sentimento della persona che ha inviato la lettera. Forse non in maniera precisa, ma sicuramente più vicina al reale. Oppure, sostituire gli sms con una telefonata: la voce è corpo, anche più del corpo stesso, perché se i muscoli volontari possono essere manipolati, governati con ingegno, la voce non sa trovare maschere. Può provarci, certo, ma sarà proprio quel tentativo a rendere ancora più evidente l’inganno.

Senza dubbio, così facendo, il tempo diventerebbe un’altra cosa rispetto a quello che è adesso: si dilaterebbe e sarebbe allegramente scosso da timori e timidezze che, appunto, rendono la comunicazione ancora più umana, quindi più efficace.

Facciamo un esempio. 

Lui scrive: Ciao, che fai?

Tu puoi leggere questo messaggio in tanti modi, a seconda dell’umore del momento. Sei tu a dare a quel messaggio la voce che credi, ma non è affatto detto che il tono che tu gli hai dato sia lo stesso che lui ha voluto usare. “Ciao, che fai?” potrebbe essere letto con tono annoiato; con tono allegro; con tono minaccioso. Mettiamo che scegli di leggerlo con tono annoiato, perché è questo che il tuo umore ti sta suggerendo. La tua risposta sarà per forza condizionata dal tono che tu hai attribuito al suo messaggio, perciò rispondi “Mhm. Niente, guardo un film”. Ma magari lui, in realtà, era contento e voleva sapere che cosa stavi facendo per coinvolgerti in qualcosa. Ma la tua freddissima risposta, per niente intonata con la realtà, ha spento ogni entusiasmo. Ma non è colpa tua, è colpa del sms. A quel punto lui certamente risponderà “Sì, mi sa che anche io ora guardo un film, non ho voglia di fare niente”. Oppure, molto più probabilmente, non risponderà affatto.

E a quel punto tu, ammettilo!, ci rimani male perché speravi che lui ti dicesse “Ma no, dai, quale film, andiamo sui Monti Urali a guardare le stelle cadenti e poi all’alba ci sposiamo nella prima chiesa che troviamo per la strada”

Se lui ti avesse chiamato, avresti capito dal tono di voce che era contento e saresti stata contenta anche tu e magari vi sareste visti e avreste fatto l’amore su gli Urali per tutta la settimana e magari non vi sareste sposati, ma vuoi mettere un po’ d’amore su gli Urali che bellezza?

Se lui quindi ti invia un sms, non rispondere: chiamalo, se puoi. Senti la sua voce. Senti cosa vuole davvero. Regola le frequenze sul piano del reale, abbandona il virtuale.

Oppure: tu gli scrivi un e-mail in cui gli parli del tuo amore. Lui, condizionato dai luoghi comuni sulle donne, leggerà le tue frasi immaginando un tono lamentoso, sdolcinato, fastidiosissimo. Oppure le tue frasi secche, asciutte, lo faranno sentire minacciato, accusato di qualcosa, come se le tue parole fossero spade pronte a infilzarlo. E magari invece hai scritto frasi corte perché avevi poco tempo. Se gli avessi scritto una lettera a mano, prendendoti il tuo tempo, dedicando la tua pelle e il tuo sudore al foglio, lui avrebbe capito molto di più. Quel che è sicuro è che se gliene avessi parlato a voce, un giorno qualsiasi, dentro un treno diretto a Pechino o al bar sotto casa, avrebbe capito tutto. Lo avrebbe capito davvero.

E sareste state due persone reali, come l’amore pretende.

(Clicca qui per la dipensa #1)

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0 thoughts on “Mia carissima ragazza #2 Commenti

è che la gente non sa più neanche riceverle, le lettere vere, scritte a mano…

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Eh, nessuno scrive più con la penna (magari stilografica) su un bel foglio di sana e vetusta carta. E’ così terribilmente decadente ma meravigliosamente vero.
Gli sms sono pratici, ma mancano di calore. E’ vero. Bisogna essere sottili nel modo di scrivere oppure aiutarsi con gli artifizi della tastiera per comunicare espressioni o sentimenti. Inopportuno, anche se efficace.
La calligrafia è altra cosa. Esprime le sfaccettature dell’anima. Uno scrittore lo sa.
Personalmente, per talune corrispondenze, uso olio essenziale da mescolare nell’inchiostro. E’ un tratto distintivo, come la carta pergamena, magari con l’intestazione personalizzata. Nessuno lo fa più.
Quando sono stato in erboristeria per prenderne una boccetta, l’ultima volta, mi hanno chiesto a cosa mi servisse. Grande espressione di meraviglia quando ne ho spiegato l’utilizzo. Pensavano fosse per un banalissimo diffusore di aromi.
La poesia è volata via. Viva la poesia.

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non sono molti mesi che ho a che fare con la rete. non mi ha mai interessato e, mi rendo conto, c’era in questo anche un fanatismo di ritorno, o comunque un essere prevenuto ( e pre venire non da mai un gran gusto) riassumibile in quelle frasi che dici una volta e già la seconda suonano autoreferenziali, ma continui a usarle: “nella rete non mi piace, preferisco nuotare.”
mi ci sono poi avvicinato in questo strano periodo, forse per solitudine, forse per la curiosità che sempre la solitudine muove, scoprendo la facilità ( alle volte, rare, sinonimo di semplicità) di informazione.
Gli stimoli casuali, non ragionati e meno condizionati dalla propria direzione di ricerca.
Ma la natura vince sempre… prima sono entrato in facebook con questo velleitario progetto alla Luter Blisset:” discussioni in rete sulla rete, cinema musica e lettura a evidenziare i confini autoimposti senza esplicitare la polemica che immaginavo nascere spontanea da una partecipazione inevitabile, fare luce sul Panopticon… ” bla bla bla…
Ho contattato in tutta Italia gente che non conoscevo coinvolgendola in dialoghi che copiavo e incollavo in bacheca, spunto per dialoghi sui dialoghi… mano a mano maturando la consapevolezza che in tutto questo la parte di Simplicio era la mia.
Poi resomi conto di lanciare bottiglie a mare e che nel messaggio scritto sulla pergamena manco ci credevo poi tanto, ho cancellato tutto, ho contattato i miei amici lontani e mantenuto qulache contatto guadagnato sul percorso.
La solitudine sin da bambino mi ha spinto alla ricerca.
L’incapacità all’ascolto, la difficoltà che nasce dal dimenticare che inevitabilmente dell’altro si possa avere solo una percezione finita, quando tutto si muove in continuazione, continuano a sembrarmi alle volte ostacoli insormontabili.
Ma la consapevolezza che giunti in cima agli Urali il masso sarà nuovamente da spingere fin dalla base, non mi ha ancora vinto, forse un po’ cresciuto…
Fra i vari contatti raccolti per strada mi arrivano i tuoi aggiornamenti.
mi piace come la vedi.
Marco

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Che desolazione intellettuale caratterizza le teorie sciolinateci in questo post. “Ciao che, fai?” si legge in un solo modo. Poi se tu femmina sei lunatica, il problema è tuo, non dei mezzi di comunicazione, accadrebbe ugualmente se usassi una lettera invece di un sms. Per favore.

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per me se stata meravigliosamente chiara ed efficace, come sempre e come eldino che si capisce subito che non mi interesserebbe conoscere…

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Non c’è molta differenza tra una mail e una lettera , è sempre meglio una sana telefonata perché rende tutto più semplice ma , sopratutto , abitua a parlare . A causa dei mezzi di comunicazione moderni le persone stanno diventando sempre più chiuse e timide .

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Massì…Siamo vintage 🙂 Aiutame a dì “sti cazzi”

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Melissa
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Il primo romanzo "Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire" è del 2003. Il suo ultimo romanzo è "Cuori arcani", Mondadori. Dal 2011 cura la rubrica di astrologia per il settimanale "Grazia". Vive a Roma.
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