Ecco la Melissa che tutti temono. Minuta, sorridente e accogliente. Non ha ancora imparato l’arte di essere una “plastic” diva, nonostante i due milioni e mezzo di copie vendute col suo primo libro “Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire”. E’ rilassata e ben disposta all’intervista, per parlare del suo nuovo lavoro, “L’odore del tuo respiro” che esce il 26 maggio. Forse perché è una delle prime. Ma presto inizierà il tour per presentare il romanzo in tutta Italia e allora si divertirà di meno, perché spesso le domande del pubblico sono sempre le stesse, dice. E del resto: come si fa, da lettore, ad essere originali e a non cadere nello stesso vortice di curiosità quando le storie di Melissa P. (il cognome si può dire, Panarello) sono così ossessive e costruite su un argomento tanto complicato ma ripetitivo come l’amore? Per Melissa scrivere è ancora una terapia, un esorcismo, ma è mutato lo scenario. In “L’odore del tuo respiro”, la cui copertina ricorda molto la locandina del film culto “Il silenzio degli innocenti”, scrive dell’ossessione della gelosia e della paura dell’abbandono e, oltre e riproporsi come protagonista, coinvolge anche il suo fidanzato Thomas, che ha conosciuto al quartier generale della sua casa editrice Fazi. E finalmente, si è innamorata.

Dal primo libro al secondo come sei cambiata? La domanda personale sorge spontanea perché i tuoi romanzi sono abbastanza autobiografici e catartici…come se ti dovessi curare da qualcosa.
Si, lo sono anche se in maniera diversa. “100 colpi di spazzola..” l’ho scritto in un momento di disagio in cui non capivo da dove questo provenisse, non sapevo che nome dargli. Poi mentre scrivevo il libro mi son resa conto che cos’era questo disagio. Metterlo nero su bianco è stato un rendersi conto di quello che avevo. In questo caso invece c’è un altro disagio che avevo già individuato, prima di scrivere il libro. La paura di perdere una persona. E quando l’ho descritto, è stato come sventare una minaccia, non dovermi più preoccupare di quello che pensavo. Quindi, se prima non lo individuavo, oggi ci sono riuscita.

Come cambia il tuo modo di scrivere quando sei più serena?
Sembrerà strano ma questo libro mi è costato molto di più in termini emotivi, perché mi fa sentire molto più nuda e esposta. Scriverlo è stato difficile. Più del primo, perché in quel momento io scrivevo per me e non avevo la consapevolezza di scrivere per dei lettori. Con questo sapevo che avrei dovuto comunicare qualcosa a qualcuno.

Hai sofferto tanto in amore?
No. Però con in questo libro ho pensato cosa mi sarebbe successo se fosse accaduto. Sai che è una strada possibile. E’ un gioco masochistico pensarlo quando non è in atto, ma io ho un grande senso dell’abbandono e della perdita. Da piccola avevo paura che mia madre morisse da un momento all’altro. Eppure non ricordo episodi terribili da giustificare questa paura.

Dopo il tuo primo libro alcuni critici hanno parlato della nascita della “Generazione Melissa P.” riferendosi ai tuoi coetanei. Pensi che dopo questo lavoro potrai ancora essere un riferimento?
Ma, io non parlerei di una generazione sola e non solo dei miei coetanei. Vedo piuttosto che una cosa che accomuna tutti, quelli della mia età ma anche più grandicelli, è il senso di inadeguatezza. Siamo tutti disgregati. Abbiamo Internet, sembriamo tutti più vicini e in comunicazione col mondo e invece credo che questo crei grande disgregazione. La generazione Melissa P. è unita da un disagio sociale che può essere anche sessuale, per me ad esempio è stato sessuale.

Ora vivi a Roma. Senti che sarà la tua città o è una tappa come Catania?
Catania per me è stata come un motel, sapevo che me ne sarei andata prima o poi….pensa nella mia camera non c’era nulla, né poster, né dischi. Roma mi piace, ma sono irrequeieta e non amo le cose che durano troppo…

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