Ho rivisto di recente la scena dell’harem in 8 e 1⁄2 , quella in cui Mastroianni sogna di ritornare a casa carico di regali e viene accolto da un’orgia di donne festose e bellissime al grido di “Eccolo! Eccolo!”. Lui ha qualcosa per ognuna e ognuna ha qualcosa per lui: uno scambio onesto, corretto, come nella migliore tradizione monogamica.

Pensa se le cose si invertissero, mi sono detta. Pensa se da quella porta fosse entrata una donna e a correrle incontro fossero state decine di uomini, uno con la pentolaccia in mano, uno con una sacca piena di gioielli, uno con lo strofinaccio, uno nudo col grembiule, uno con la pelliccia che le coprisse le spalle. Proviamo, almeno per un momento, a invertire le cose, a ribaltare le regole del mondo, a sovvertire le leggi del sesso: cosa accadrebbe se noi donne fondassimo un harem di uomini al nostro servizio?

Era un’idea che avevo già quasi avuto qualche anno fa, quando dissi al mio ex fidanzato che mi sarei fatta un amante-non-di-sesso, uno che fosse disposto a fare tutte quelle cose che lui non poteva o non sapeva fare. Ma ci ho messo poco a capire che anche così non funzionava, che l’amante che cambia le lampadine non necessariamente ama anche viaggiare o accompagnarmi a vedere l’Opera, ne avrei dovuti collezionare troppi e quindi lasciai perdere, accontentandomi di quello che avevo. Ma adesso che sono single l’idea si è evoluta e vuole trasformarsi in fatto concreto: un harem di uomini dove tutti si conoscono, tutti si vogliono bene, ognuno ricopre un ruolo specifico e non può sconfinare nel territorio dell’altro. Io faccio l’arbitro, mi assicuro che nessuno trasgredisca le regole che ho autorevolmente, ma con grande gentilezza, imposto, scelgo io chi sia più giusto per svolgere una mansione, chi va sostituito o eliminato, chi va allontanato perché disturba le quiete del gruppo. Per la manutenzione della casa c’è Chakri, egiziano riparatutto che si prende cura delle mie finestre, dei fusibili e della caldaia. Lo pago metà prezzo perché a fine riparazione gli leggo i tarocchi o i fondi del caffè. Delle piante in terrazzo, invece, si occupa Mario, studente colombiano residente da qualche anno a Roma. Mario vive all’ultimo piano del mio condominio e gli ho chiesto, sempre gentilmente ma con autorevolezza, se può dare l’acqua ai miei vasi perché io non sono capace. Mario lo fa con gran piacere perché io lo invito spesso alle cene e alle feste che organizzo in casa. Della mia educazione si occupano invece tre uomini: Roberto mi indica i romanzi che dovrei leggere, Giovanni mi porta al cinema e con l’altro Giovanni vado ai concerti. Ogni tanto si scambiano i ruoli, ma nell’ambito della cultura è concesso applicare la proprietà commutativa. Viaggio con Alex e mi faccio preparare la cena da Sandrino, Maurizio si è invece rivelato un ottimo personal shopper. Flirto con Dario, ma faccio l’amore solo con Marzio, Andrea mi asciuga le lacrime, Marco mi riempie di regali, Francesco mi racconta fatti incredibili, Giuseppe viene a nutrire i miei gatti quando sono in vacanza con Alex. L’attenzione che ognuno di loro mi rivolge viene ripagata allo stesso modo, senza favoritismi: sorrisi, risate, affetto e simpatia. A eccezione di Marzio, nessuno giace a letto con me. D’altra parte, a Marzio non sarà mai concesso di riparare un tubo che perde o istruirmi sull’ultimo romanzo di Roth. Da non confondere l’harem di uomini con il gruppo di amici: nell’harem è fondamentale ricordare che essere l’unica femmina, regina assoluta, è di per sé un vantaggio eccezionale, una condizione che ti permette di circondarti di uomini pronti a concederti attenzioni, affetto, comprensione. Con gli amici, invece, il potere sessuale e creativo femminile si ritira, si decolora. E’ come se avessimo in mano un asso di bastoni e ci ritrovassimo, improvvisamente, con un asso di coppe: non più attive, ma ricettive. A quel punto daremmo ragione a Doris Lessing, che diceva “Una donna senza un uomo non può fare a meno di pensare quando ne incontra uno, di qualsiasi età, che forse quello potrebbe essere il suo uomo”; nell’assenza totale di uomini vedremmo in ogni sconosciuto la promessa di una felicità perpetua, di un amore magnifico, colui che ci strapperà via dalla noia dei giorni passati in solitudine. Ma noi che facciamo gli harem non siamo mai sole, perché se il nostro cuore è stato caricato bene, tutto l’amore di cui abbiamo bisogno lo possediamo già: dentro il petto, nelle nostre mani, nel vento selvaggio che ci scompiglia i capelli. Solo quando il cuore avrà perso la sua carica allora sarà tempo di innamorarci di nuovo, un pit stop dove immagazziniamo nutrimenti ed energie per tempi meno felici. Ma fino a quel tempo saremmo ricche di gioia,di potere, di valore: l’amore per noi stesse, le attenzioni degli uomini dell’harem e la felice speranza di incontrare uno sconosciuto che comincerà a cantare “If you want a lover, I’ll do anything you ask me to”… e tutte le altre cose che Leonard promette con quella sua voce.

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