Insomma: io ho capito una cosa negli anni, ed è una delle poche certezze della mia vita. Ho capito che, prima degli occhi, prima delle mani, prima del corpo intero tutto, è il culo a parlare, lui a suggerire la storia di ogni individuo che lo sfoggia, che lo indossa fieramente, che lo porta a spasso con vergogna o con tristezza. Non c’è bugia capace di farmi amare chi ha il culo piatto, io sono una razzista del culo. Amo i culi protesi verso il passato, ben oltre la schiena. Mongolfiere d’amore e gioia cariche di grasso screziate da smagliature e gomma, che toccarle è un piacere. I culi di chi non si vergogna del proprio culo, i culi di chi ha preferito riempire di grasso i fianchi lasciando ai seni la libertà di restarsene piccoli e discreti poco prima delle casse toraciche.

Un culo rivela tante cose: quanto tempo un individuo passi a studiare o lavorare seduto ad una scrivania (culo piatto, cuscinetti imponenti alla base delle cosce), chi ama passeggiare per montagne e boschi (culo forte, culo pieno, culo sodo), chi balla in solitudine, magari in cucina, magari nudo (culo un po’ sceso sulle cosce, glutei perfettamente attaccati alla parte bassa della schiena, come se un filo invisibile li tirasse su). Il culo è la personalità di ciascuno, il culo non può mentire.

Dice: “Tu giochi col culo degli altri!”, e quanta fatica impiego a confessare che sì, è profondamente vero. Nel senso che mi dà più piacere giocare con, piuttosto che essere giocata, avete capito. La venerazione del culo di un maschio è superiore alla venerazione che porto ai suoi genitali, perché è nella comprensione della sua femminilità che riesco ad accogliere la sua virilità.

Io da bambina odiavo il mio culo. Tutte le donne della mia famiglia si portavano dietro culi secchi e poco allegri e io ripudiavo il palloncino colorato che sbocciava dal mio corpo infantile, unica rotondità di pelle e grasso. In estate mi sentivo sconfitta, tutte quelle zie e quelle cugine con culi discreti sotto al costume da bagno, e quelle tette prosperose contro le mie appuntite come se un ape le avesse appena toccate con il suo pungiglione.

 

In inverno legavo le maniche dei maglioni e delle camicie sui fianchi: vietato guardare. E poi c’era un fidanzato che uccise definitivamente ciò che restava del mio culo “E’ troppo grosso, bisogna che dimagrisca, troppa carne laggiù”. A quel punto, persuasa dalle cattive compagnie, cominciai a desiderare che il mio culo scomparisse. Per la prima e unica volta nella mia vita pensai di sottopormi alla chirurgia, “Tolga il grasso dal culo, dottore, lo metta nelle tette”. Ma mentre maturava quell’orribile proponimento, maturavo io e più crescevo più adoravo il mio culo, fino ad arrivare all’ossessiva, egocentrica, talvolta noiosissima venerazione del mio culo. Adesso è l’unica parte di me che accetto senza condizioni, l’unico pezzo di corpo amato, curato, sostenuto. Gran festa del mio corpo quando una dieta ha fatto dimagrire cosce e braccia, ma povero mio culo! Perde parte della sua consistenza, e che grave pena per le mie mani che lo palpeggiano e sentono rotolini di grasso in meno. Quindi riprendo chili, perché se il mio culo non è felice è impossibile che possa esserlo anch’io. Mi sentirei una donna privata della sua femminilità, qualora il mio culo fosse solo un’appendice del mio corpo e non la parte da cui tutto comincia: i miei sorrisi, le gioie del mio sesso, la libertà di mangiare, di essere, di presenziare a me stessa con tutta l’esplosione del mio deretano.

Deretano, converrete, è una parola bellissima. Perché fa subito pensare all’ano, ovviamente. L’ano è l’oggetto del desiderio di qualunque maschio, ma come tutti gli oggetti del desiderio, spesso la foga per conquistarlo tradisce qualsiasi romantico proponimento: in breve, gli uomini con l’ano delle donne non ci sanno fare.

E allora termino questa dispensa della parte bassa della schiena fornendo brevi informazioni anali ai maschi (e alle femmine, all’occorrenza): l’ano va lubrificato, come siete voi a deciderlo (liberate la fantasia!). L’ano è esigente: fa entrare pochi ospiti ben selezionati, accoglie solo coloro che dimostrano educazione e dimestichezza con il luogo in cui vogliono festeggiare. L’ano non ha le pareti interne in porcellana: come disse il buon Woody “il sesso è sporco quando è fatto bene”, quindi non abbiate timore degli umori e delle altre sostanze che il corpo secerne, imparate ad amarle, imparate a comprendere che il nostro corpo non ha solo un fuori ma anche un dentro.

Se la faccenda diventa troppo difficile, consiglio di recarsi al sexy shop più vicino a casa e comprare uno di quei culi di gomma e fare un po’ di pratica. Se gli uomini permettessero a noi donne o ad altri uomini di giocare con il loro fondoschiena, sono sicura che capirebbero maggiormente le ragioni di chi il culo ce lo mette e pretende, giustamente, una forma di rispetto e di sensibilità, nonché di capacità pratica.

Il culo, se fosse una parola sarebbe: generosità.

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