Andiamo al cinema e guardiamo Shame in un’epoca carica di vergogna. Un tempo che vuole dilatarsi, espandersi, diventare eterno. Un tempo in cui tutti, nessuno escluso, provano a regnare sulla propria esistenza come se un giorno fosse il primo e l’ultimo e provano a stirarlo, il tempo, finché non si sfilaccia.

Brandon non ha un problema sessuale. Brandon è un narcisista incapace di intrecciare relazioni, di vedersi proiettato oltre il suo presente, di sentirsi parte di una vita e di un mondo che sembrano accadere da qualche altra parte, in un altro tempo.

Quando la sorella si impone nella sua casa, occupa il suo divano, si porta al letto il suo capo, Brandon la detesta, la allontana, le nega cura e protezione. Non lo fa, come sostiene qualcuno, perché si sente privato della libertà di poter fare quel che vuole. La detesta perché lei gli ricorda che esistono i legami, le relazioni, le radici, dalle quali puoi scappare, nasconderti, puoi cambiare nome e faccia, ma quelle ti trovano sempre e ti obbligano a rimanere.

Brandon è insaziabile perché è impossibile colmare un vuoto riempiendolo con altro vuoto,   le sue avventure ricordano i contenitori venduti sulle bancarelle di Napoli con sopra scritto aria di Napoli, che li apri e non c’è niente. Come è possibile rintracciare il piacere, il godimento, la gioia, se la posta messa in gioco è così bassa?

Shame è la storia di una solitudine, non di un erotomane. E la solitudine si sconfigge in tanti modi e non tutti nobili.

100 colpi di spazzola prima di andare a dormire raccontava la stessa storia. Solo che molti hanno preferito vedere una ragazzina affamata di sesso, una bambina depravata, una giovane donna senza futuro. Ma il romanzo, come Shame, descrive un’altra storia, sottile e delicata, la storia di una mancanza, la perdita e la ricerca della propria individualità. In tutti questi anni io sono stata vittima di ammiccamenti, insulti, pregiudizi. Perché sono donna, perché quando pubblicai il mio primo romanzo ero giovane e quindi non mi era concesso esprimere il mio mal di vivere in quella modalità. E se Brendon si fosse chiamato Brenda, cosa direbbero oggi di lui?

 

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0 thoughts on “Siamo tutti un po’ Shame Commenti

Dopo otto anni, so di aver avuto ragione. Sono commosso, Mel….sniff!

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“100 colpi di spazzola prima di andare a dormire raccontava la stessa storia. Solo che molti hanno preferito vedere una ragazzina affamata di sesso, una bambina depravata, una giovane donna senza futuro. Ma il romanzo, come Shame, descrive un’altra storia, sottile e delicata, la storia di una mancanza, la perdita e la ricerca della propria individualità.”

Assolutamente d’accordo. Tra l’altro, il vero senso di “100 colpi di spazzola…” era piú che evidente nelle ultime pagine. Ma quella ragazzina, che in ogni bacio morso graffio urlo sputo e rumore cercava se’ stessa, finí col perdere persino i suoi lettori.

Ricordo quando lo lessi: quel mese – dopo la pubblicitá, il Maurizio Costanza Show e tutto il baraccone mediatico – non si parlava d’altro. Io ero letteralmente scandalizzato dal fatto che molti miei coetanei lo trovassero un romanzo letteralmente scandaloso. Una sera, quel libro fu oggetto di accesa discussione fra amici. Fummo solo in due a difenderlo: entrambi uomini. Forse, chissá, non eravamo che vittime del nostro narcisimo anche noi.

Un saluto.
Vincenzo Politi

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Melissa
Panarello

Il primo libro, "Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire" è del 2003. Ne sono seguiti altri tredici. Vive a Roma dove ha fondato la Piccola Agenzia Letteraria.
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Nata a Catania nel 1985. Oltre ai suoi libri ha scritto e interpretato i podcast Love Stories, di cui esistono tre stagioni, C’era una volta e c’è ancora e Pornazzi per Storielibere. Ha lavorato e lavora in televisione in qualità di opinionista. Collabora regolarmente con La Stampa, Tuttolibri e Specchio, dal 2011 ha una rubrica di astrologia sul settimanale Grazia. Nel 2020 ha fondato l’agenzia letteraria PAL / Piccola Agenzia Letteraria.

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