Editori, scrittori, agenti letterari, compilatori di classifiche e recensori sanno fin troppo bene che anche per i libri, come per la semina, regolarsi secondo le stagioni è fondamentale per la buona riuscita del raccolto. In particolare l’inizio dell’estate e dell’inverno sono periodi in cui il terreno editoriale è assai fertile ed è proprio in queste fasi del ciclo stagionale che si farà debuttare un titolo se si vuole programmare la nascita di un bestseller, che sia il libro-sotto-l’ombrellone o il libro-sotto-l’albero.

A oggi, gli estremi della storia editoriale della scrittrice catanese Melissa P. non sembrano discostarsi dal teorema. 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire fu pubblicato da Fazi in data 11 luglio 2003 sollevando un polverone infinito di critiche, commenti e articoli di giornale inizialmente volti a speculare sull’identità della scrittrice più ancora che sull’opera stessa. Del resto fu esattamente questo atteggiamento a creare il caso editoriale. Proprio come per la Bibbia, Il nome della rosa o il manoscritto di un esordiente, sono molte di più le persone che parlano di 100 colpi di spazzola rispetto a quelle che lo hanno letto davvero. Ma questa è un’altra faccenda.

Il 19 novembre 2013 in libreria arriva La bugiarda, edito da Fandango. Il libro si presenta come un memoir metanarrativo in cui l’autrice non solo racconta se stessa, ma lo fa in relazione al libro che l’ha consacrata scrittrice.

Difficile immaginare che un libro del genere –nonostante l’uscita in periodo natalizio- riesca a eguagliare le vendite dell’opera di dieci anni prima. Di fatto ciò non avverrà per i seguenti motivi: l’identità dell’autrice è ormai nota; non si tratta più di una minorenne che parla di sesso; ci si avvicina con una certa resistenza per una sorta di pregiudizio nei confronti dell’opera nuova di un ex caso editoriale con cui la critica non è stata particolarmente gentile.

Questo purtroppo è un vero peccato e l’articolo che state leggendo nasce proprio per scavalcare il pregiudizio e fare luce sui motivi per i quali il libro in questione andrebbe letto.

 

1. Strutturalismo e Kinder Bueno

A rendere intenso un lavoro come La bugiarda è una disperazione di fondo che ne autentica la scrittura e avvolge il lettore in una dimensione estremamente umana, che è la dimensione di una fuga, quella dalla prigione imposta dal personaggio Melissa P. alla giovane Melissa Panarello.

Del resto le teorie di Genette non si trovano al tabacchi con la facilità di un Kinder Bueno. La consapevolezza che esistano differenze sostanziali tra entità quali autore, narratore, omodiegesi, autodiegesi, autore come narratore come personaggio, aiutano il lettore esperto a rimpolpare la lista dei suoi amici immaginari e a leggere con maggiore lucidità un testo di narrativa, ma il piacere della lettura è soprattutto del lettore medio, ben lungi dal frequentare le affollate comitive imposte dallo strutturalismo.

La bugiarda è la storia disperata di una ragazza costretta agli arresti domiciliari nel suo stesso personaggio

Gli equivoci principali ai quali va incontro un’opera nel momento stesso in cui viene completata dallo sguardo del lettore sono tutti concentrati nella confusione del suo autore con il personaggio-autore che quella storia sta raccontando. Succedeva a Dante, quando passava per le stradine di Firenze e la gente lo additava, indicava la sua pelle un po’ arrossata, che magari era estate, aveva passeggiato a lungo in campagna, e loro no, invece, stavano lì a osservare, a commentare quanto male potesse fare al viso attraversare le fiamme dell’inferno. È successo a Roberto Saviano quando lo hanno accusato di aver copiato o inventato di sana pianta tutto, che non era vero che se ne andava col motorino in giro per Scampia, che non era vero che quel cellulare aveva squillato nella bara della ragazza al momento del cordoglio, in segno di saluto. La bugiarda è la storia disperata di una ragazza costretta agli arresti domiciliari nel suo stesso personaggio e affida a questo memoir il ruolo di liberarla attraverso il racconto di come quel libro d’esordio è stato costruito, da cosa è nato e quanto è stato rimaneggiato per diventare il diario fittizio di un’adolescente credibilmente autentico.

Diviso in tre parti il libro descrive le tre fasi di gestazione di 100 colpi di spazzola. La prima parte è la genealogia di un vuoto da colmare, un vuoto che è spinta principale di quella «ricerca disperata di quello che credevo, speravo, fosse un amore grande». Scappando da una famiglia che emotivamente tenta di uccidersi ogni giorno, la giovane liceale cerca di risolvere l’assenza d’amore attraverso il sesso. A questa sezione appartengono anche alcuni episodi scolastici molto importanti, come lo scontro con la giornalista di un corso pomeridiano a cui «non piaceva il mio modo di riportare le notizie».

«Devi raccontare i fatti veri, così come sono accaduti. Non puoi aggiungere fatti che non conosci, inventarli!»

«Mi scusi però… se una cosa la immagino in un certo modo vuol dire che è vera. Io d’altronde non c’ero quando il fatto è successo, e neanche lei.»

«I giornalisti devono essere imparziali.»

Se il giornalismo (ufficialmente) non è l’habitat ideale dell’invenzione, la narrativa si offre a Melissa quale luogo più adatto alle sue storie che, a partire da esperienze reali di incontri sessuali veramente consumati, si incastrano in modi nuovi nella forma di racconti erotici.

«Andai su internet, entrai nel forum del sito erotico dove da un anno pubblicavo dei racconti. Qualcuno aveva aperto una discussione sul sesso anale. Io non lo avevo mai fatto, anche se dopo i calci di mia madre potevo cominciare a capire e una volta avevo sentito mio zio chiedere a un suo amico omosessuale com’era prenderlo dietro. […] La giornalista avrebbe di certo disapprovato. Nontanto il sesso anale, quanto quella mia strana insistenza a rendere vere le cose false e viceversa.»

 

2. Giochi di ruolo

La tensione più forte del libro è quella che segue il filo rosso della coppia antagonista verità-menzogna. La bugiarda, a partire dal titolo, è un libro che immette il lettore in un gioco di ruolo che confonde, fa perdere il senso dell’orientamento nell’atto stesso della lettura. Da un lato ci si sente confessori, depositari privilegiati di un racconto privato a cui vogliamo credere; dall’altra ci si limita ad accettare di essere intrattenuti da un racconto che potrebbe essere, ancora una volta, ascrivibile alla sfera della fiction narrativa, mai totalmente sincero.

La seconda parte, Cenere, ricorda quella cenere dalla quale dovrebbero risorgere le fenici a nuova vita. Anche in questo caso in effetti si tratta di una rinascita: a romanzo concluso muore la liceale, nasce la scrittrice che –con l’aiuto di un editor- arriverà a sistemare la materia grezza della prima stesura nella struttura definitiva di un diario. 100 colpi di spazzola non è mai stato il diario di un’adolescente spregiudicata di provincia, ma un romanzo nato da esperienze personali riversate in un contenitore narrativo. Melissa P. avrebbe potuto restare Melissa Panarello, scrittrice precoce di romanzi erotici. Forse in quel caso sarebbe stata libera, ma il mostro del marketing che tutto fagocita e di tutto continua ad avere fame le ha negato questa possibilità.

 

3. Una cronaca italiana

Alla sezione denominata Strega appartengono episodi relativi soprattutto alle conseguenze della pubblicazione del romanzo. Si apre allora un siparietto di cronaca del nostrano showbiz attraverso il racconto delle esperienze di Melissa al Maurizio Costanzo Show, prima, a Buona Domenica, dopo.

«[…] che poi Maurizio Costanzo era stato così carino l’altro giorno, no? Perché ora è cambiato? […]

Chiamammo Martina.

Ci spiegò che era stata un’idea del Moig, il tribunale dei minori che vigila sui contenuti televisivi.

Non era permesso che una minorenne dichiarasse di fare sesso e di goderne, anche.

Dissero che si trattava di una storia ai limiti della pedofilia.»

L’empatia che si raggiunge con il personaggio Melissa, attraversando insieme a lei le ultime pagine del libro, è senza dubbio una sensazione molto intensa. Le descrizioni quasi cronachistiche del modo in cui il caso Melissa P. venne recepito dieci anni fa in un’Italia provinciale e benpensante fotografano bene alcuni aspetti del nostro Paese attraverso un’insolita e inedita prospettiva, che è poi quella del libro stesso.

Questo è tutto quello che accadde, sembra dire l’autrice, una volta chiuso il volumetto. E tu vuoi crederle, perché il patto narrativo è ancora tanto forte. Però hypocrite lecteur, — mon semblable, — mon frèrepassiamo con le dita su quel nome in copertina che se ne sta ancora mozzato, incompleto in equilibrio sopra al titolo dell’opera. Melissa P. c’è scritto. E allora un po’ ci assale il dubbio che la storia che abbiamo appena letto non si tratti di un processo di liberazione ma di una sconfitta.

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